Focus: Miele

“Il miele è la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare” (Dir. 110/2001/CE).

Produzione naturale

Il miele deriva essenzialmente dal nettare, una soluzione acquosa contenente zuccheri, aminoacidi, proteine, lipidi, minerali ed altri componenti, prodotta dalle cosiddette ghiandole nettarifere o nettari, gruppi di cellule specializzate dei fiori di piante mellifere. I nettari possono essere fiorali se si presentano come parte del fiore o extrafiorali se si presentano altrove sulla pianta. L’esatta composizione del nettare influisce enormemente sul sapore e sulla qualità del miele ottenuto. Inoltre, la vicinanza dell’alveare a grandi quantità di una specifica pianta ne influenza la fonte in quanto diventa estremamente probabile che il nettare derivi da quella fonte.

La trasformazione chimica del nettare in miele avviene immediatamente. L’ape bottinatrice raccoglie il nettare dal fiore e lo immagazzina in una porzione slargata del fondo dell’esofago chiamata “borsa melaria” dove confluiscono le secrezioni delle ghiandole salivari ed ipofaringee contenenti enzimi che iniziano ad alterare chimicamente il nettare. Tali enzimi consistono principalmente in diastasi ed invertasi che idrolizzano oligosaccaridi e disaccaridi  in monosaccaridi. Nell’alveare, l’ape bottinatrice rigurgita letteralmente il nettare e lo trasferisce all’ape operaia, la quale a sua volta ingerisce e rigurgita ripetutamente il nettare per circa 15-20 minuti. Così facendo, più secrezioni contenenti enzimi si mescolano al nettare. Alla fine di questo processo la goccia di nettare elaborata dall’ape viene depositata nel favo.

La maturazione del nettare in miele consiste nella combinazione di due processi: la conversione del saccarosio in glucosio e fruttosio e l’evaporazione dell’acqua in eccesso. L’attuale processo di conversione del nettare salivare in miele dura 1-3 giorni. Le api continuano ad aggiungere il nettare nei propri favi fino a riempimento, dopodiché tapperanno la cella con la cera.

Composizione chimica

Il miele contiene circa 200 sostanze, tra cui principalmente zuccheri, acqua e altre sostanze come proteine, acidi organici, vitamine, minerali, pigmenti, composti fenolici, grandi quantità di sostanze volatili e particelle solide derivanti dal processo di raccolta del miele.

La composizione in zuccheri del miele dipende dall’origine botanica e geografica dei fiori ed è influenzata anche dal clima, dalla produzione e dallo stoccaggio. I monosaccaridi rappresentano circa il 75% degli zuccheri presenti nel miele, insieme ad un 10-15% di disaccaridi e piccole quantità di altri zuccheri. Gli zuccheri sono responsabili del valore nutrizionale, della viscosità, dell’igroscopicità e dell’aspetto granuloso del miele.

Il contenuto proteico del miele varia a seconda della specie di api da miele. Proteine e aminoacidi nel miele sono attribuiti a fonti sia animali che vegetali; la fonte principale di proteine resta tuttavia il polline. Gli aminoacidi costituiscono l’1% (p/p) dei costituenti del miele e le loro proporzioni relative dipendono dall’origine del miele. L’aminoacido più abbondante è la prolina, che rappresenta il 50-85% della quota di aminoacidi nel miele. Una piccola frazione di proteine nel miele è rappresentata da enzimi come invertasi, α e β-glucosidasi, catalasi, fosfatasi acida, diastasi e glucosio ossidasi.

Come suggeriscono molti autori, il miele è leggermente acido con un valore di pH compreso tra 3.5 e 4.5. Questo carattere leggermente acido è dovuto alla presenza di acidi organici in misura di circa lo 0.57-1%. Gli acidi organici derivano principalmente dagli zuccheri trasformati dagli enzimi secreti dalle api, durante la conversione nel nettare in miele. Gli acidi organici presenti nel miele ne influenzano le proprietà organolettiche, il colore, il sapore e le proprietà chimiche (acidità, pH e conduttività elettrica). L’acido predominante nel miele è l’acido gluconico. La sua presenza nel miele proviene dalla glucosio ossidasi, che le api introducono nel miele durante la sua maturazione.

Il miele contiene piccole quantità di vitamine, principalmente le vitamine del gruppo B provenienti dai granuli di polline in sospensione e la vitamina C. La vitamina C si trova in quasi tutti i tipi di miele e viene considerata principalmente per la sua azione antiossidante.

Il miele contiene inoltre diversi gruppi di sostanze minerali. Questi gruppi includono macro e microelementi come potassio, magnesio, calcio, ferro, fosforo, sodio, etc. Il contenuto in minerali del miele varia dallo 0.04% dei mieli chiari allo 0.2% dei mieli scuri. Il potassio è l’elemento più abbondante, corrispondente generalmente a un terzo del contenuto minerale totale trovato nel miele.

Un’altra classe di composti chimici ampiamente studiata da diversi autori è quella dei composti fenolici, di cui i principali sono i flavonoidi. Essi possono contribuire in modo significativo all’attività antiossidante totale del miele, apportando effetti benefici per la salute umana.

L’aroma del miele è prodotto da miscele complesse di composti volatili che possono differire a seconda del nettare, delle condizioni di produzione, dell’origine e della conservazione. Miscele complesse di composti volatili appartenenti a diverse famiglie di sostanze chimiche sono presenti nel miele a concentrazioni molto basse, generalmente comprendono monoterpeni, sesquiterpeni, derivati del benzene e in minima parte alcoli superiori, esteri, acidi grassi, chetoni, terpeni e aldeidi.

Effetti sulla salute

Il miele ha ricoperto un ruolo di primaria importanza nella medicina tradizionale per secoli. Tuttavia, ha un utilizzo limitato nella medicina moderna a causa della mancanza di supporto scientifico. Da alcuni decenni il miele è stato sottoposto a indagini di laboratorio e cliniche da diversi gruppi di ricerca. Tra le scoperte più notevoli risultano l’attività antibatterica, antiossidante, antinfiammatoria nonché antitumorale ed antimutagena del miele.

I fattori responsabili dell’attività antibatterica del miele sono l’elevata osmolarità, l’acidità ed in particolare il perossido d’idrogeno, che si forma durante l’ossidazione del glucosio ad opera dell’enzima glucosio ossidasi nella fase di maturazione del miele. Quando il perossido d’idrogeno viene meno per aggiunta di catalasi, alcuni mieli mostrano ancora una significativa attività antibatterica e questa è indicata come attività antibatterica non perossidica. I fattori non perossidici responsabili dell’attività antibatterica del miele includono lisozima, acidi fenolici e flavonoidi. Contrariamente all’attività non perossidica, quella perossidica può essere persa da calore, luce e condizioni di stoccaggio. Dunque, per un’attività antibatterica ottimale, il miele deve essere conservato al buio, al riparo da fonti di calore e consumato quando è fresco.

L’attività antiossidante consiste nella capacità del miele di ridurre le reazioni ossidative all’interno dei prodotti alimentari e dei sistemi cellulari. Tali reazioni possono infatti causare reazioni indesiderate nel cibo (perossidazione lipidica nella carne ed imbrunimento enzimatico in frutta e verdura) ed effetti nocivi sulla salute. Le molecole ad azione antiossidante naturalmente presenti nel miele contribuiscono alla sua attività antiossidante.

È stato inoltre dimostrato che il miele riduce l’infiammazione della pelle, condizioni di edema ed essudazione, promuove la guarigione delle ferite, riduce la dimensione delle cicatrici e stimola la rigenerazione dei tessuti.

Gli effetti antitumorali del miele sembra siano dovuti a più fattori, come: (1) il rilascio di molecole citotossiche come il perossido d’idrogeno (e il radicale idrossile a seguito della reazione di Fenton), (2) una inibizione diretta della COX-2 da parte di specifici costituenti (crisina e fenil-etil estere dell’acido caffeico, CAPE), e (3) l’azione di scavenger contro diverse specie reattive dell’ossigeno (ROS) responsabili dell’induzione dello scoppio respiratorio che, se non adeguatamente spento/contenuto può degenerare nella trasformazione cancerosa delle cellule.

Infine, tutti i mieli hanno dimostrato una significativa inibizione della mutagenicità del gene che codifica per il recettore Trp-p-1.

Tecniche di lavorazione

Le tecniche applicate nel corso dei processi produttivi del miele devono tener conto di alcune precauzioni e di un principio base: offrire al consumatore un prodotto che preservi quanto più possibile l’autenticità del miele.

Quando l’ape finisce il suo lavoro, inizia quello dell’apicoltore. Tale lavoro si divide in due fasi il cui obiettivo mira all’ottenimento del miele in forma commercializzabile al quale, secondo la Direttiva 110/2001/CE, non può essere sottratto o aggiunto alcun componente. A tal proposito, sarà necessario valutare numerosi parametri quali la distanza dell’apiario da ogni possibile fonte di inquinamento, le tecniche utilizzate per allontanare le api dai favi senza l’utilizzo di sostanze repellenti in grado di contaminare il prodotto, i provvedimenti per il controllo delle patologie delle api, la natura dei materiali e dei recipienti e l’igiene dei locali di smielatura.

Durante la fase di fluidificazione del miele occorre far attenzione alla temperatura, in quanto potrebbe causare la degradazione di sostanze termolabili. Inoltre, è necessario ridurre il contenuto di umidità per evitare il rischio di fenomeni fermentativi dovuti alla presenza di lieviti osmofili. Il contenuto massimo di umidità accettato nel miele corrisponde infatti al 18%.

La prima fase della lavorazione prevede la disopercolatura, che consiste nella rimozione del sottile opercolo di cera posto dalle api a sigillo del miele raccolto. Questa fase va effettuata con particolare attenzione al fine di evitare che le macchine disorpecolatrici provochino frammentazioni notevoli della cera con conseguente dispersione delle particelle nel miele e successiva cristallizzazione.

L’estrazione del miele dai favi viene condotta per mezzo smielatori centrifughi in acciaio inossidabile, manuali o automatici, su cui i favi vengono caricati uno ad uno mediante appositi cestelli. Dopodiché segue una fase di purificazione per eliminare bolle d’aria, particelle di cera ed altre impurità; tale processo consta di due fasi: decantazione e filtrazione. La prima consiste nel lasciare il miele a riposo in appositi contenitori chiamati maturatori mentre la seconda nel purificare il prodotto utilizzando filtri a maglia metallica o filtri a sacco in tessuto, asportando le impurità che affiorano dopo qualche giorno.

Ultimata l’estrazione, la massa di miele fluido viene mescolata con l’ausilio di una pala elettromeccanica, al fine di ottenere una maggiore omogeneità e uniformità del prodotto. In questo modo i cristalli tendono ad assumere una forma più regolare e dimensioni più fini.

Il confezionamento rappresenta l’ultimo step del processo produttivo. Esso può essere eseguito manualmente, facendo attenzione a non far penetrare aria nella confezione, o utilizzando impianti dosatori che pompano ininterrottamente il miele nel contenitore.

Conservazione

Il miele viene estratto liquido ma nella maggior parte dei casi dopo poco tempo tende a cristallizzare alle comuni temperature di stoccaggio. Quando il mercato richiede un prodotto liquido, quello cristallizzato può essere fuso (a circa 40-50°C) prima o dopo l’invasettamento in modo da ritardarne la cristallizzazione.

Tutti i mieli contengono cellule di lieviti e microrganismi responsabili di fermentazioni alcoliche. Generalmente l’elevato contenuto in zuccheri del miele non lo permette ma, se la percentuale d’acqua è elevata, questi possono cominciare la loro attività a carico del glucosio dando luogo alla formazione di alcoli, acidi e anidride carbonica. Un miele fermentato risulta degradato e non può essere venduto, anche se non è dannoso per la salute.

Tra le problematiche riscontrate nella conservazione del miele emerge l’invecchiamento, processo naturale che modifica le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche del miele, portando alla perdita di sostanze volatili, all’inscurire del colore e alla variazione della componente zuccherina, enzimatica e della concentrazione di HMF. Le metodiche di conservazione prevedono l’utilizzo di vasi in PET o di fusti metallici internamente verniciati che non vanno esposti alla luce solare o ad altre fonti di calore. La temperatura ideale di conservazione è di 14°C, in magazzini destinati unicamente allo stoccaggio di questo prodotto poiché presenta un’elevata predisposizione all’assorbimento di odori e sapori.

 

Alvarez-Suarez, J. M., Tulipani, S., Romandini, S., Bertoli, E., & Battino, M. (2010). Contribution of honey in nutrition and human health: a review. Mediterranean Journal of Nutrition and Metabolism, 3(1), 15-23. Ball, D. W. (2007). The chemical composition of honey. Journal of Chemical Education, 84(10), 1643. Cabras P. and Martelli A, (2004). Il miele, in Chimica degli alimenti (L. Conte and A.G. Sabatini), Edizione Piccin, Italia, pp. 487-502. da Silva, P. M., Gauche, C., Gonzaga, L. V., Costa, A. C. O., & Fett, R. (2016). Honey: Chemical composition, stability and authenticity. Food Chemistry, 196, 309-323. Sabatini A.G. “Analisi del miele – Conoscere il miele” Edizione Avenue media CRA Istituto Nazionale di Apicoltura, Bologna, (2007), 125-172.

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