Focus: Dieta Oloproteica

La Dieta Oloproteica® è una terapia dietetica della durata di 21 giorni. Essa assicura un dimagrimento relativamente rapido, effettuato prevalentemente a spese della massa grassa e senza ripresa di peso ulteriore se le fasi successive saranno correttamente rispettate.

Principi della Dieta Oloproteica® sono:

Ottenere un bilancio calorico negativo con una dieta a bassissimo contenuto calorico e gliucidico (VLCD).

Conseguire un bilancio azotato equilibrato con la somministrazione di aminoacidi e proteine di alta qualità, in quantità “normoproteica” rapportata al peso ideale del paziente, per proteggere la massa muscolare.

Stimolare la produzione di corpi chetonici come fonte energetica, con effetto euforizzante, tonico ed anoressizzante.

La miglior dieta è indubbiamente quella di mangiare meno. Ma i lavori scientifici effettuati con diete ipocaloriche equilibrate hanno rilevato sovente un fallimento di queste, riportando ridotte percentuali di risultati positivi nel tempo. Solo i pazienti che hanno meno di 10 kg da perdere hanno qualche speranza di successo. Certo è che il regime a basse calorie, quando è ben equilibrato, resta sicuro, quasi senza pericolo per i pazienti, ma si manifesta difficile da attuare e spesso inefficace per le seguenti ragioni:

questa dieta non toglie la fame; un numero ridotto di pazienti resiste a questa sensazione spiacevole ed abbandonano il regime dietetico prescritto dopo poche settimane
questa dieta è troppo lunga, con una ridotta perdita di peso per le prime settimane e con un successivo adattamento metabolico specie nei soggetti sedentari; la lenta perdita di peso è spesso un fattore demotivante per un paziente che ha più di 10 kg da perdere
questa dieta favorisce le eccezioni alimentari in quanto la fame porta a frequenti deroghe alla limitazione delle quantità alimentari da assumere
Il medico deve quindi tener presente, quando somministra tale dieta, che alla diminuzione di apporto calorico si accompagna quasi sempre un abbassamento dei bisogni metabolici.

Un’ alternativa proposta è quella del digiuno assoluto. Questo regime, che è composto da sola acqua assunta a volontà e da sali minerali, porta ad una perdita di massa magra superiore alla diminuzione della massa grassa. La riduzione del peso avviene soprattutto a livello dei muscoli striati. Le fibre muscolari cardiache fanno parte della massa magra muscolare per cui la loro compromssione può indurre possibili conseguenze patologiche.

Studi fatti sul bilancio azotato mostrano che con il digiuno assoluto un adulto che pesa 70 kg perde circa 8-12 g di azoto ogni giorno nei primi tre giorni di digiuno e 4-6 g di azoto al giorno nelle successive quattro settimane. Considerando che un grammo d’azoto corrisponde a 6,25 g di proteine e che il muscolo ne contiene circa il 20%, la perdita è di 200-300 g di muscolo al giorno. Aggiungendo che i bisogni proteici aumentano sotto restrizione calorica, si arriva che dopo 10 giorni di digiuno il paziente ha una riduzione di circa due-tre chili di tessuto muscolare. Da queste considerazioni numerosi autori cominciarono a studiare la possibilità di trovare una dieta che potesse dare un bilancio calorico negativo minimizzando la perdita di massa magra. Per questo era necessario modificare il digiuno assoluto con una integrazione proteica.

Bollinger nel 1966 provò ad aggiungere dell’albumina. Apfelbaum nel 1970 addizionò caseina. Geunth e Verter nel 1974 aggiunsero del glucosio con della caseina. Baird e Howard nel 1975 mescolarono del glucosio con degli aminoacidi.

Fu, però, G.L.Blackburn (Università di Harvard) ad elaborare nel 1973 il PSMF (Protein Sparing Modified Fast) o VLCD (Very Low Calorie Diet) con la determinazione del fabbisogno proteico dell’organismo nel corso del digiuno; egli dimostrò come una privazione calorica, con un’assenza quasi completa di idrati di carbonio, potesse neutralizzare l’effetto anabolico dell’insulina sul metabolismo dei grassi: infatti senza insulina non è possibile la lipogenesi.

Blackburn provò che delle precise quantità di proteine definivano, nel corso del digiuno proteico, una variazione della risposta metabolica e potevano neutralizzare il bilancio azotato negativo. Quindi i pericoli del digiuno assoluto potevano essere minimizzaati ingerendo delle proteine prive di idrati di carbonio. In questi studi Blackburn codificò la quantità esatta di proteine che bisognava assumere nel corso del digiuno per proteggere la massa nobile di un individuo. Nacque così il digiuno proteico che protegge l’equilibrio azotato e cancella la fame grazie allo stato di chetosi che l’accompagna.

L’assunzione quasi esclusiva di proteine (1,2 g / kg nella donna e 1,5 g / kg nell’uomo), che rappresenta un apporto calorico molto basso, obbliga l’organismo ad utilizzare le proprie riserve energetiche.

Dopo l’esaurimento delle stesse sotto forma di glicogeno, si instaura una neoglucogenesi epatica che produrrà il 20% dei nutrimenti (glucosio) indispensabili per il funzionamento cerebrale. Il glicerolo ed alcuni aminoacidi sono trasformati, a livello epatico e renale, in glucosio per un processo di neoglucogenesi. Il glucosio è utilizzato, anche durante il digiuno proteico, da alcuni tipi di cellule (globuli rossi, surrenali, alcune aree cerebrali ecc) che per questo motivo sono chiamate cellule glucodipendenti, in quanto funzionano solo in presenza di glucosio. Le altre cellule corporee (quali le cellule muscolari e dei vari organi) vengono nutrite dai corpi chetonici che sono prodotti grazie al catabolismo del tessuto adiposo.

Quindi il ridotto apporto di carboidrati stimola la lipolisi e la chetogenesi, fornisce energia al cervello ed ai tessuti, protegge la massa muscolare grazie all’apporto degli integratori aminoacidico-proteici ad alto valore biologico. Nelle diete proteiche, i lipidi endogeni rappresentano la principale fonte di energia e il loro catabolismo continua fino ad una loro consistente riduzione.

I corpi chetonici hanno una doppia azione:

Energetica: come substrati energetici del cervello, del quale vanno a coprire l’ 80% del fabbisogno, con effetti psicotonici, antidepressivi, con aumento delle facoltà intellettive ed euforia (acetone)

Anoressizzante: i corpi chetonici per stimolazione del centro della sazietà, situato nell’ipotalamo, inducono un effetto fisiologico antifame, con inibizione della sensazione di fame a partire dal secondo-terzo giorno dell’inizio della dieta (acido beta-idrossibutirrico)

Con la soppressione quasi totale dei glucidi, presenti in minima parte solo nelle verdure permesse, quali spinaci, cetrioli, fagiolini, melanzane, insalata, broccoli, zucchine, etc., si ottiene un rapido calo dell’insulina che impedisce la messa in riserva di grassi e produce un catabolismo degli stessi per lipolisi. L’idrolisi dei trigliceridi, contenuti negli adipociti, li trasforma in glicerolo, che a sua volta contribuisce a migliorare la neoglucogenesi ed in acidi grassi liberi che favoriscono la produzione dei corpi chetonici e dunque la chetosi.

Infatti la lipoproteinlipasi idrolizza i trigliceridi in acidi grassi e glicerolo. Il glicerolo è ossidato a livello del fegato in glucosio. Il 40% degli acidi grassi prodotti vengono utilizzati direttamente nel tessuto muscolare. L’altro 60% subisce una beta-ossidazione a livello epatico con la formazione di Acetil-CoA. Dalla successiva condensazione di due molecole di Acetil-CoA si forma l’acido acetacetico. Questo si trasforma, in massima parte, in acetone ed acido beta-idrossi-butirrico. Questi tre composti vengono denominati: corpi chetonici. La corretta funzionalità pancreatica, peculiarità del paziente non diabetico, permetterà la successiva riconversione, in presenza di minime concentrazioni di glucosio e di insulina, dei corpi chetonici in Acetil-CoA e la loro successiva metabolizzazione, evitando in tal modo un accumulo di corpi chetonici che determinerebbe una chetoacidosi scompensata, che si determinerebbe in un diabetico di tipo 1 che attuasse impropriamente una dieta chetogenetica.

La Dieta Oloproteica® stata elaborata presso il servizio di dietologia e nutrizione clicnica dell’AORN (Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale) “MOSCATI” di Avellino alla fine degli anni ’90, partendo dagli studi di Blackburn.

Le caratteristiche innovative di tale dieta sono:

  • Una quota proteica ed aminoacidica diretta al bilancio azotato equilibrato
  • Una quota di glucidi molto ridotta (solo quelli presenti nelle verdure e negli ortaggi permessi)
  • Uno quota di lipidi molto bassa (piccole quantità di olio extravergine di oliva per condire gli alimenti)
  • Una integrazione precisa di minerali, oligoelementi, vitamine, antiossidanti, alcalinizzanti e di sostanze favorenti il catabolismo lipidico.
  • Una durata di 21 giorni, intervallata da diete ipocaloriche normoglucidiche prima di altri eventuali cicli di Dieta Oloproteica®

Tale dieta viene utilizzata per:

  • Trattare l’obesita medio/grave nell’ambito di un metodo dimagrante che accanto ad una terapia altamente lipolitica, quale la dieta oloproteica, prevede l’utilizzo di diete ipocaloriche equilibrate che hanno l’obiettivo di consoldare la perdita di peso e di rieducare il paziente ad una corretta alimentazione.
  • Combattere le adiposità localizzate sia femminili (zona peritrocanterica, vale a dire parte bassa del bacino e parte alta delle cosce) e maschili (a livello addominale) con un riequilibrio della silhouette.

Il risultato di questa dieta, da non confondere con quelle iperproteiche contraddistinte da quantità eccessive ed imprecise di proteine ed una scarsa attenzione alla qualità degli aminoacidi, è in genere costante e permette di perdere tra il 7 e il 10% del peso di partenza nell’arco di soli 21 giorni. A tale dieta abbiamo attribuito il nome di “liposuzione alimentare” alla fine degli anni ’90, avendo constatato, in centinaia di casi, un riequilibrio della silhouette sia nelle donne ginoidi che nel maschio in sovrappeso con caratteristiche di tipo androide. Per meritare la definizione di “Liposuzione Alimentare” significa che tale dieta colpisce quelle zone del corpo, maschili e femminili, dove il tessuto adiposo presenta un metabolismo diverso rispetto alle altre parti dell’organismo accumulando grasso in eccesso. Nella fattispecie si tratta del distretto trocanterico (bacino e cosce) nelle donne e di quello addominale negli uomini così come nelle donne in menopausa. In tali distretti il grasso accumulato è sottoposto all’influenza negativa di estrogeni ed insulina che stimolano la produzione del grasso e ne impediscono la distruzione. La dieta oloproteica viceversa aumenta la sintesi di un ormone chiamato GH che contrasta gli effetti degli estrogeni e dell’insulina, determinando in tal modo la distruzione del grasso nelle adiposità localizzate.

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